La Devozione a N S. del Rimedio
La devozione ed il culto alla B. Vergine Maria, invocata con il titolo del Rimedio, risalgono agli inizi del sec. XIII ed è legato al fondatore dell’Ordine Trinitario, S. Giovanni de Matha, che ha sperimentato particolari interventi della Madonna in aiuto della sua opera di carità cristiana, per la redenzione degli schiavi.(*)
Quest’Ordine religioso ha sempre considerato Nostra Signora del Rimedio, come titolo primordiale ed ufficiale della propria devozione mariana.
La diffusione del culto a Maria del Rimedio segue perciò le piste dell’apostolato dei Trinitari e si propaga specialmente nei paesi del Mediterraneo occidentale, Spagna, Francia Italia dove infierì più a lungo la pirateria barbaresca.
Ebbe la sua culla a Roma dove, dal 1209, l’Ordine Trinitario, approvato nel 1198 da Papa Innocenzo III, stabilì la sua sede, nella zona del Celio, a San Tommaso in Formis, costruendovi un convento e un ospedale.
Un episodio, storicamente documentato della devozione a N.S. del Rimedio nell’Europa cristiana del ‘500, è quello relativo a Giovanni d’Austria, il prestigioso comandante dell’armata navale che il 7 ottobre 1571, a Lepanto, fermò i Turchi decisi ad invadere il nostro Continente. Prima di veleggiare contro le forze mussulmane, vegliò nella chiesa dei Trinitari a Valenza (Spagna), invocando la protezione dalla Vergine del Rimedio, ivi venerata.
Primo documento scritto che testimonia la devozione dei sardi per la Vergine del Rimedio, è quello riportato dal Can. Giovanni Spano in “Le delizie delle torture in Sardegna nel sec. XVI”. Nel 1590, un certo Nicolò Manca, originario di Sedilo, accusato di favoreggiamento, sottoposto a tortura, protesta la propria innocenza implorando: “Sa Virgine Maria de su Remediu, proite qustu a mie!”.
Nella cappella gotica del duomo di Oristano (testimonianza, con quella del battistero, del transetto gotico costruito nel sec. XIII sulla Cattedrale romanica) si venera da tempi remoti una statua in pietra policroma della Vergine col Bambino, detta del Rimedio, attribuita a ignoto spagnolo del 1300.
Nella seconda metà del 1600 troviamo alcune testimonianze storiche riguardanti la chiesa parrocchiale di Nuracraba, villaggio sorto probabilmente assieme a Fenughedda e Donigala in epoca medioevale e scomparso per alluvioni e pestilenze dopo il 1727.
Del titolo di questa parrocchiale “sub invocation de ns. Segnora del Remey, si fa esplicita menzione nell’atto di donazione con cui il contadino nuracrabese Giovanni Pietro Dessì, il 28 marzo 1665 a onore e merito di N. S. Dio Gesù Cristo e dell’umile Vergine S. Maria, madre sua e avvocata nostra” lascia alla “chiesa parrocchiale di N.S. del Rimedio” una rendita per l’acquisto dell’olio d’oliva necessario ad alimentare perennemente la lampada dell’Eucaristia.
Il Santuario
Nuracraba non risorse, ma la sua modesta chiesa a croce latina, forse unica costruzione risparmiata dalle inondazioni, non venne abbandonata. Ormai, era meta di pellegrini, attratti dal consolante titolo con cui la Madre del Signore era lì invocata.
Sono della fine del ‘700 i primi interventi diretti alla conservazione e all’ampliamento del piccolo tempio. Nel 1806 venne eretto l’altare maggiore, pregevole opera in marmi intarsiati e policromi di bottega sardo-lombarda.
Gli interventi più significativi sono della seconda metà dell’800 ad opera degli Arcivescovi Sotgiu, Serci, Zunnui e Tolu. Particolare zelo espresse l’Arcivescovo Paolo Maria Serci. Ritenendo più che un dovere del suo Ministero Pastorale, un bisogno del cuore quello di promuovere la maggiore diffusione possibile del culto verso l’Augusta Madre di Dio ,frammezzo al popolo fedele, il 30 aprile 1892, emanò precise Disposizioni riguardati la chiesa del Rimedio.
La chiesa, ormai indicata come Santuario, viene posta sotto la protezione di uno dei membri del Capitolo, affinché ne abbia speciale cura, e con quell’amore di cui è degna la Vergine benedetta, zeli gli interessi, il decoro e l’onore del medesimo Santuario. Il documento contiene norme riguardanti il governo del Santuario, l’amministrazione e la celebrazione della festa annuale.
Il 23 aprile 1893, presente anche il Vescovo di Bisarcio, Mons. Serafino Corrias, Mons. Serci consacrò l’altare maggiore (eretto nel 1806), inaugurò la sacrestia e collocò sul rifornito trono il simulacro della Madonna. Chiaramente la nicchia in cui troneggia la Madonna è da datare 1893.
Una lapide, sulla parete sinistra esterna al presbiterio, ricorda così l’evento:
A MAGGIOR GLORIA DI DIO
E DELLA SUA SS. MA DIVINA MADRE
QUI VENERATA DAI SARDI POPOLI
COL CARO NOME DEL RIMEDIO
AUSPICE S.E. REV,MA
MONS. D. PAOLO MARIA SERCI
ARCIVESCOVO ARBORENSE
QUESTO DIVOTO SANTUARIO
ABBELLIVASI PROVVEDEVASI DI SACRESTIA
LA TAUMATURGICA IMMAGINE
RICOLLOCANDO SUL RIFORNITO TRONO
L’ALTARE CONSACRAVASI CON INCLUSE RELIQUIE
DEI SS. MM. SEBASTIANO – ARCHELAO – E GIUSTA
NEL 23 APRILE DEL 1893
CON L’INTERVENTO DI S ECCELL.REV,MA
MONS. D. SERAFINO CORRIAS VESCOVO DI BISARCIO
ASSISTENTI I CANONICI DELLA METROP. ARB.
TEOLOGI BATTISTA SERRA – DON FELICE ENNA
DOTT. EFISIO SERRA CANONICO PROTETTORE DEL SANTUARIO
PLAUDENTE IL NUMEROSO POPOLO DELLA CITTA’
PARROCI E POPOLAZIONI VICINI PAESI
CABRAS – RIOLA – NURAXINIEDDU
NURACHI – DONIGALA
ALLA CELESTE MADRE IMPLORANDO
PROTEZIONE AJTA CONFORTO